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7 modi creativi per passare il Capodanno 2017 in Liguria

redazione

«Che cosa facciamo a Capodanno?» sono le cinque parole più temute di qualsiasi dicembre, malgrado non manchi mai il maniaco dell’organizzazione che ha già cominciato a luglio a spulciare proposte in giro per il mondo.

I comuni mortali, invece, procrastinano, fanno spallucce e cominciano a sudare freddo man mano che si avvicina il 31, immaginandosi già con un bicchiere di spumante scadente in mano mentre qualcuno tira fuori i fagioli per la tombola, oppure a gelare in qualche piazza con la tramontana nelle ossa, mentre la banda del paese accenna incerta le prime note di Disco Samba. Ma ci sono alternative, davvero: fidatevi.

1. Capodanno ’80.

Il giro di basso con cui si apre Disorder dei Joy Division è uno dei momenti che hanno definito il post-punk. Si tratta della prima firma di Peter Hook, che con il leggendario gruppo e poi con i New Order è stato tra i musicisti più influenti degli anni Ottanta. Ora il bassista, che è anche un apprezzato dj, sarà l’ospite d’onore del capodanno spezzino. Sarà infatti un suo dj set – a cavallo della mezzanotte – a salutare il 2017 a La Spezia in Piazza Verdi. A seguirlo alla consolle, un altro fan della new wave dall’impeccabile curriculum: Andy dei Bluvertigo, che farà ballare tutti fino alle 3 (e rotti).

 2. Capodanno psichiatrico.

Prendete il Cirque du Soleil e incrociatelo con l’Arkham Asylum dove viene rinchiuso il Joker, l’acerrimo nemico di Batman: avrete più o meno un’approssimazione di quello che vi aspetta con Psychiatric Circus, lo spettacolo di circo-teatro della famiglia Bellucci-Medini alla Fiera di Genova. Tinte forti, anzi fortissime (è vietato ai minori di 14 anni) per esercizi tra l’acrobazia estrema e un po’ di comicità folle, all’interno di un manicomio cattolico nella Germania degli anni Cinquanta. Il Capodanno psichiatrico inizia il 31 dicembre alle 22.00, con biglietti a partire da 25 euro, prevendita inclusa. Not everyone’s cup of tea, ammettiamolo, ma l’originalità di certo non manca: difficilmente passerete ancora una fine dell’anno del genere…

3. Capodanno montanaro.

Le temperature tutto sommato miti di questi giorni hanno fatto tramontare la possibilità di un Natale con la neve in città, ma per gli irriducibili romantici che associano le festività con le montagne imbiancate le possibilità non mancano. Ad esempio con un cenone di Capodanno al Rifugio Prato della Cipolla, a Santo Stefano d’Aveto: 60 euro per una serata tutto incluso con salita in seggiovia alle 16.00, vin brulè, escursione guidata fino al Prato della Cipolla, aperitivo e cenone montanaro (trovate il menù qui). L’unica cosa che dovrete portarvi sono la torcia elettrica, le ciaspole e un bastone per la discesa in notturna. Ah, e un maglione in più: servirà.

4. Capodanno artistico.

La massa vi fa arricciare il naso? La vostra definizione di “pop” non prevede la presenza di esseri umani, magari sudati, che vi si accalcano contro? Nulla di meglio che vedersi due delle mostre più interessanti attualmente presenti a Palazzo Ducale, a Genova, con apertura straordinaria fino alle 2 di notte: Warhol. Pop society e Helmut Newton. Fotografie. E per chi tra un ritratto di Mao e un “Big Nude” non vuole perdersi il cenon, c’è il pacchetto che comprende la Cena Americana nel Salone del Maggior Consiglio, con un menu tra Caesar salad, astice con crema piccante dell’Oregon, vellutata di mollushi del New England e l’immancabile tacchino: qui ci sono maggiori informazioni.

5. Capodanno acquatico.

Se anche voi vi trovate più a vostro agio tra lamantini e pesci palla che con parenti pronti a chiedervi il resoconto dei vostri progetti marital-genitoriali o il bilancio dell’anno lavorativo, vi siamo vicini. L’Acquario di Genova torna con le sue visite speciali per l’ultimo dell’anno, a partire dalle 20.30. Cocktail itinerante tra le vasche e cenone in una cornice davvero unica, nel Padiglione Cetacei, con i piatti di Capurro Ricevimenti e Svizzera Ricevimenti. C’è anche la versione per famiglie, a prezzi più popolari, con la partecipazione straordinaria del Pirata Jack Patella nel Padiglione della Biodiversità.

6. Capodanno sportivo.

La cyclette in salotto è diventata una palestra solo per i ragni, e i manubri acquistati con tanta buon volontà sono stati ben presto riciclati come fermaporta? Capita a tutti. Però potrete ripartire con i buoni propositi il 31 dicembre e il 1° gennaio, con un doppio cimento nell’acqua gelata del Mar Ligure: prima l’“ürtima ciumba” a Pietra Ligure (appuntamento ai Bagni Giardino alle ore 11 del 31), poi a nanna presto dopo mezzanotte e il giorno dopo si replica ad Andora con “A semmu a bagnu” alle 11.30, con pasta party dopo il tuffo. Quando tutti torneranno in ufficio con la faccia (e la pancia) di chi la sera prima ha finito gli avanzi dell’insalata russa della nonna a Natale, voi sarete in perfetta forma: magari, ecco, giusto un po’ bluastri.

7. Capodanno beat.

Il 1967 è l’anno dell’offensiva sul delta del Mekong, della Guerra dei sei giorni ma anche di qualcosa di molto più pacifico: esce infatti il capolavoro psichedelico dei Beatles, il leggendario Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. E proprio ai Fab Four è dedicato il capodanno vintage agli ex Magazzini del Sale di Sampierderena, dove anche chi non vuole partecipare al cenone potrà perdersi tra esposizione di chitarre, vinili, locandine e la jam session beat a palco aperto, dopo lo spettacolo Sir Paul con Marco Rinaldi dei Soggetti Smarriti e i White Wings.

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Liapull presenta le sue collezioni invernali

redazione

In occasione del Salone Nautico, Liapull presenta le collezioni invernali.

Su appuntamento 010 8681785.

Dal lunedì al venerdì: 09:00-13:00 / 14:30-18:30; sabato 09:00-13:00.

Liapull si trova in via Frà Vincenzo da Fiorenzuola 76, Genov

Internet: liapull.it

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Carlo Felice

Lucia di Lammermoor, Al Carlo Felice c’è Andrea Bocelli

redazione

Opera, balletto e sinfonica: tre generi paralleli e appassionanti, che durante la stagione musicale 2018 del Teatro Carlo Felice hanno regalato vibranti emozioni e successi importanti, contribuendo a mantenere alta l’attenzione verso la richiesta cultural-creativa di un pubblico decisamente e positivamente molto più eterogeneo rispetto al passato.

In calendario, il mese di giugno parte con l’opera Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, sei recite di cui la prima il 29 maggio. A seguire il 14 giugno il Don Qixote di Ludwig Minkus, balletto della compagnia del Teatro di Belgrado con 5 spettacoli. Per quanto riguarda la sinfonica, il 22 è il mometo di  Other worlds Music for the players, concerto dedicato ai videogiochi con un programma costruito su saghe fantasy, adventure e action game. Il 14 luglio alle 20.30 è da segnalare il balletto di Roberto Bolle and Friends, che l’anno scorso ha fatto il tutto esaurito e sicuramente anche in questa occasione sarà sold out.

Lucia di Lammermoor è un melodramma in tre parti di Donizetti su libretto di Salvatore Cammarano e vede sul podio del Carlo Felice Andriy Yurkevych, con la regia di Lorenzo Mariani, le scene di Maurizio Balò, i costumi di Silvia Aymonino e le luci di Linus Fellbom. Un allestimento nuovo, in coproduzione con la Fondazione Teatro Carlo Felice, la Fondazione Teatro Comunale di Bologna e l’ABAO-OLBE di Bilbao. Personaggi e interpreti principali primo e secondo cast: Lucia,  Zuzana Marková – Elena Mosuc, Edgardo, Andrea Bocelli – Luciano Ganci, Enrico,  Stefano Antonucci – Federico Longhi, Raimondo, Mariano Buccino – Alessio Cacciamani, Arturo, Marcello Nardis – Manuel Pierattelli, Alisa, Carlotta Vichi, Normanno, Didier Pie. 

È la più famosa tra le opere serie del compositore bergamasco, la prima assoluta ebbe luogo con grande consenso al Real Teatro di San Carlo di Napoli il 26 settembre 1835, tanto che lo stesso Donizetti autorizzò numerose variazioni per le esecuzioni in altri luoghi, allo scopo di venire incontro alle esigenze delle cantanti. Particolarmente rilevante è l’edizione creata per la prima rappresentazione francese, a Parigi in lingua, intitolata Lucie de Lammermoor, con numerose differenze rispetto alla versione italiana. Tratta da The Bride of Lammermoor (La sposa di Lammermoor) di Walter Scott, la vicenda è ambientata nella Scozia del XVI secolo nel castello di Ravenswood. 

Antefatto: La nobile famiglia Asthon, alla quale appartengono i fratelli Enrico e Lucia, ha usurpato i beni e il castello della famiglia Ravenswood, il cui unico erede è Edgardo. Lord Enrico Asthon ha deciso di far sposare sua sorella Lucia al nobile Arturo Bucklaw; la fanciulla si oppone, è profondamente innamorata in segreto di Sir Edgardo di Ravenswood, di casata ostile agli Asthon e odiato da Enrico.

Edgardo deve lasciare la Scozia e prima di partire vorrebbe chiedere ad Enrico la mano di Lucia. Ella lo dissuade, sa che il fratello non acconsentirebbe mai. I due innamorati si giurano amore eterno e suggellano la promessa con lo scambio degli anelli.

Nel primo atto Lord Asthon, per convincere Lucia a sposare Lord Arturo, ricorre all’inganno mostrandole una falsa lettera in cui Edgardo si dichiara innamorato di un’altra donna. Lucia, addolorata dal tradimento, si lascia convincere, quando sopraggiunge Edgardo, che credendosi a sua volta tradito in un impeto d’ira la maledice restituendole l’anello.

Enrico Asthon sfida a duello l’odiato Edgardo: i due si incontrano presso le tombe dei Ravenswood alla Torre di Wolferag. Intanto al castello giunge Raimondo che, interrompendo i festeggiamenti per il matrimonio di Lucia e Arturo annuncia la triste notizia: Lucia presa dalla pazzia ha appena ucciso il novello sposo! La giovane donna non è più in sé, vaneggia credendo di prepararsi alle nozze col suo amato Edgardo.

Durante il duello, Edgardo, incapace di vivere senza Lucia, pensa di farsi colpire a morte da Enrico. Alcuni passanti lo avvisano che Lucia è in fin di vita, impazzita dal dolore. Edgardo corre al castello, ma ormai è tardi: Lucia è morta e lui sconvolto si pugnala e muore a sua volta.

La regia di Lorenzo Mariani parte dal celebre quadro di Everett Millais, raffigurante Lucia che si sostiene al braccio di Edgardo: «Capisco dallo sguardo di lei – spiega il regista – un’anima che respira, dall’intimo, una trasparente bontà, ma troppo delicata e indifesa, pericolosamente pura, fino all’estremo».

Daniela Masella

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Copertina

Un gladiatore di nome Gianna

redazione

Reduce dal concerto di Genova, con tanto di infortunio, la rocker di Siena si racconta

Non la ferma nessuno. Irrequieta, stropicciata, cruda, irresistibile. Gianna Nannini è fatta così, piena di semplice schiettezza tutta toscana. E di tanto istinto. 

Prendete quanto accaduto all’RDS Fiumara di Genova, durante la tappa ligure della tournée di Fenomenale, ultima fatica della rocker senese, dedicata alla figlia Penelope. Una caduta accidentale dal palco, l’apprensione, un ginocchio gonfio come un melone e il ricovero precauzionale in ospedale. La sera successiva Gianna era a cantare a Montichiari, dinanzi a quattromila persone rapite dalla sua incredibile vitalità. «Cantare è andare sempre in cerca della luce, per uscire dal buio» ha affermato la Nannini. «Quando ti scontri con una dura realtà, una caduta, un infortunio, tocchi per un attimo il fondo e tutto sembra finito, poi si riprende la corsa, cammini a passi falcati su per le scale della vita che ti sei scelto, e sali e più sali più il tempo sembra non finire mai, ma sai che quella è la tua missione».

FIERA DI ESISTERE – Fenomenale Tour ha fatto riabbracciare Genova all’artista toscana. «Una città meravigliosa, che aggiungere? Chi ci mette piede per la prima volta crede che appartenga ad un altro mondo. Genova è piena di mistero, la gente ti cammina intorno e subito non te ne accorgi, ma quando ti conoscono e ti riconoscono sei uno di loro. Ho visto un pubblico pieno di passione, di affetto, di amore. Ecco perché amo questa città, ti regala amore a tonnellate, ti fa sentire una creatura fiera di esistere. Poi Genova è come me, indipendente e orgogliosa, dentro morbida e passionale e fuori una corazza inattaccabile».

Chi è mamma Gianna Nannini? «Una che non ha mai confuso il giorno con la notte e che otto anni fa, con la nascita di quella meravigliosa creatura che è mia figlia Penelope, dorme più di giorno che di notte!». Sorride compiaciuta. «Essere mamma alimenta i sogni, li aiuta a continuare, batteria alla mano ti senti di abbracciare la vita, di entrarne a fare parte dalla porta principale».

QUARANT’ANNI DA GIAN BURRASCA – A Gianna non è mai stato semplice farsi largo in un mondo solo all’apparenza dorato qual è quello della musica e dello spettacolo. Eppure da 40 anni la Nannini è la rocker italiana più amata in Francia e Germania, con oltre nove milioni di dischi venduti in carriera. «I giovani si sono identificati col mio carattere da Gian Burrasca, che di giorno riposa per far casino la notte. Che la musica ce l’hanno negli occhi, e che le canzoni le elevano come preghiere di fuga e dissenso dalla normalità. Vengono alla mente motivi come “Vieni ragazzo” o “Profumo”, dove si passano le gioie ai sogni, ubbidendo a quel richiamo che si chiama vita. Senza sogni non si va da nessuna parte, lo sapete?».

E tutta questa irrequietezza come si può spiegare? «Con la voglia di sentire più il cuore che il cervello, difficile sia il contrario quando sei una rockstar. Ma dietro a questo Gian Burrasca ci sono tanti lati di donna, vissuta a Siena come un fantino del Palio, sempre di corsa per dimostrare di sapertela cavare senza troppi giri».

UNIVERSO DONNA – In “Amore gigante”, ultimo disco prodotto e che costituisce parte fondamentale di Fenomenale Tour, Gianna Nannini ha messo al centro dell’attenzione la donna, i suoi desideri, e soprattutto le sue lotte per liberarsi dalle spire di una continua strumentalizzazione basata su indifferenza e brutalità. 

«La vera vergogna è provare vergogna, e forse per scoprire l’universo donna in tutta la sua forza e delicatezza la donna stessa dovrebbe avere una faccia come il c…

Vengono schiavizzate, usate, uccise le donne, ma nessuno che vede, nessuno che sa, nessuno che immagina. Escono quattro foto ed otto mele, per dirla come dicono da me a Fontebranda (il cuore della Contrada dell’Oca dove la Nannini è nata, ndr). Questo disco è la forza delle donne, lo ieri e l’oggi, è un inno all’amore incazzato: coloriamo ed inondiamo il mondo non solo di fiori ma di canzoni, il motto della tournée. Alzando la testa eviti di farti mettere sotto e i neuroni si irrorano di sangue».

 

E’ vero che non c’è più amore? «Questa è la più grossa bugia, è che l’amore è soffocato dai pregiudizi e dalle considerazioni affrettate. Allora perdi le briglie e non ti sai più governare, ti vince l’imbarazzo: la parola chiave è Libertà. Amare è lasciarsi andare, al massimo, senza freni. Le donne sono straordinarie nel lasciarsi andare, l’uomo in questo ha tanta, troppa paura».

L’amore più bello? «Sempre, come dice la mia canzone. Bello, bello e impossibile. Sentilo sogno, desideralo. E sarà fantastico». E ancora: «Vivo l’amore con fiducia totale, senza limiti o restrizioni. Nella mia vita ho amato uomini e donne, sono una pansessuale che crede nell’Amore gigante, il donarsi l’uno all’altro con trasporto di intenti. Dopo la nascita di Penelope l’ho abbracciata ancora più forte, questa convinzione, vado avanti vivendo come un vero gladiatore».

Eccola, Gianna Nannini. Se non ci fosse dovrebbero inventarla. Ma probabilmente sarebbe impossibile!

Di Leo Cotugno

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