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Il mistero dei Templari

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Nel 1118, Hugues de Payens ed altri otto cavalieri si riunirono nel cortile di un vecchio castello abbandonato in Terrasanta e strinsero un giuramento d’amore per l’umanità: i nove cavalieri avevano deciso di non fare ritorno dalle Crociate e fondare così l’ordine dei Templari.

Di Diana Bacchiaz

Dal 1118, poco tempo la confraternita dei Templari diffuse la propria influenza sull’intera Europa, provocando una vera rivoluzione dei costumi all’inizio del millennio. Mentre la maggior parte della nobiltà si preoccupava soltanto di arricchirsi sfruttando il lavoro di contadini e servi attraverso il sistema feudale, i cavalieri del Tempio avevano dedicato la loro vita, la loro fortuna e le loro spade a un’unica causa: proteggere i pellegrini in cammino verso Gerusalemme, elaborando inoltre un modello spirituale che li aiutasse nella ricerca della Sapienza. Due secoli dopo esistevano già più di cinquemila capitanerie sparse per tutto il mondo conosciuto, nelle quale si conciliavano due attività considerate fino allora incompatibili: la vita militare e la vita religiosa.

Le donazioni dei membri – e di migliaia di pellegrini grati – fecero sì che l’ordine del Tempio accumulasse in breve tempo una ricchezza incalcolabile, che più di una volta servì per riscattare importanti personalità cristiane sequestrate dai musulmani. L’onestà dei Cavalieri era talmente grande che sovrani e nobili affidavano ai Templari i propri valori, limitandosi a viaggiare con un documento che ne comprovava l’esistenza. Questa scrittura poteva essere convertita in denaro in qualsiasi capitaneria dell’ordine, dove il portatore riceveva la somma indicata sul certificato: l’origine delle lettere di credito che si utilizzano ancora oggi.

La devozione spirituale dei Templari li portò a comprendere appieno la grande varietà di vie: “Nella casa del padre ci sono molte dimore”. Cercando infatti di evitare combattimenti per la fede, si impegnarono per riunire le principali religioni monoteiste, la cristiana, la giudaica e l’islamica. Le loro cappelle cominciarono ad avere la cupola rotonda del tempio giudaico di Salomone, le pareti ottagonali delle moschee arabe e le navate tipiche delle chiese cristiane.

Tuttavia, come tutto ciò che precorre i tempi, a un certo punto i Cavalieri del Tempio cominciarono a essere guardati con sospetto. Il loro grande potere economico era invidiato dai sovrani, e la loro apertura religiosa fu considerata minacciosa dalla Chiesa. Un venerdì, il 13 ottobre 1307, il Vaticano e i principali Stati europei avviarono una delle maggiori operazioni di polizia del Medioevo. I Templari, condotti in prigione, vennero accusati di officiare cerimonie segrete con riti magici e ogni sorta di evocazione. Vennero confiscati tutti i loro beni e i membri della confraternita si dispersero nel mondo. Il Gran Maestro Jacques de Molay fu tratto in prigione a Parigi. Come ultimo desiderio chiese di morire guardando le torri della cattedrale di Notre Dame.

I sovrani di Spagna, allora impegnati nella riconquista della penisola iberica, decisero di accettare i Cavalieri che fuggivano da tutti i paesi d’Europa, affinché li aiutassero nella guerra contro i Mori. Gli esuli entrarono nei vari ordini spagnoli, fra i quali l’Ordine di San Giacomo della Spada.

I templari probabilmente praticarono l’alchimia, ne investigarono le leggi, ne attuarono le tecniche. Non potevano non conoscere questa disicplina antichissima e tramandata nel segreto dei sapienti e che consente il balzo di qualità nei più preparati prima, nell’umanità poi. Come la trasmutazione alchemica si esplica attraverso le tre fasi – al nero, al rosso e al bianco – l’epopea templare le subisce tutte e le sopporta coscientemente. I Templari nascono o ri-nascono, si affermano o si ri-affermano, e poi si espandono per affinità iniziatica perché nutriti ed allevati ad una tradizione che li fa ritrovare e dalla quale non è disgiunto il mito da Osiride a Hiram, e l’olocausto in dimensione di ri-generazione.

L’ordine del Tempio non dipendeva da alcuna gerarchia secolare o religiosa ed era sottoposto soltanto alla diretta autorità del Papa, così come risulta da una bolla di Innocenzo III del 1139. Godeva del privilegio di procedere senza intoppi nella costruzione di una ricerca che, opportunamente vissuta, permetteva agli iniziati, di proiettare lo sguardo interiore verso la Verità celata e terribilmente misterica dell’universo in ogni suo aspetto e sublimazione. La meta: la trasmutazione interiore dell’uomo a riscatto della caduta adamica e la ri-unificazione con il principio unico. Cristo l’aveva predicato, sofferto e attuato nel disegno salvifico universale; ma nel 1118, in poco più di un millennio, la strumentalizzazione aveva distorto il messaggio e l’opera. Un secolo più tardi lo sintetizzerà la vocazione fulminea di San Francesco d’Assisi, chiamato “in sogno” a riedificare il Tempio che minaccia rovina. I Templari rappresentavano già un momento di illuminazione ed uno scossone traumatico allo stagnante feudalesimo degli Stati, ed ecco Francesco d’Assisi testimone ispirato dei fermenti del suo tempo. Nel 1219 egli parte per l’Oriente, passa in Siria, dialoga col sultano di Babilonia e si comprendono sul piano sufico. Si parlò di conversione degli infedeli. Ora ci si chiede invece se conversione o incontro tra due illuminati cavalieri che si ri-trovano.

I Templari erano arrivati faticosamente a comprendere il segreto della Grande Opera: lo celarono con saggezza umile e nascosta per il bene del mondo e dell’umanità. In un soffio nuovo furono in grado di incrementare tutte le buone attività sociali, di promuovere un principio di alfabetizzazione generale, di attuare un’architettura vibratoria che racchiudeva i sacri ritmi glorificanti il principio Uno e Trino. Elevarono gli animi in una testimonianza di altissima spiritualità basata su principi di fraternità, libertà e giustizia. Lavorarono in modo giusto e perfetto configurando un modello di una socialitas nova, ampiamente ripagata dalla fiducia di quanti erano stati affrancati ed elevati. Ma in tempi di oscurantismo ce n’era in abbondanza per essere perseguitati ed arsi vivi. Oltretutto, per le innumerevoli donazioni, l’Ordine Templare era al centro di un autentico impero finanziario, opulento e indipendente, dinamico e articolato in sintonia muratoria. L’Ordine Templare mira alla conquista dell’Occidente e l’Oriente assurge così a sede simbolica; la sede effettiva si stabilisce in Europa dove i territori ricevuti in donazione sono immensi. Nel 1270 si parla di 100 commende solo in Francia. Nel 1307 si arriva a 200 commende. Alcuni storici sostengono che le capitanerie templari arrivarono a 9.000. Oltre a centri di potere civile e militare, pur conservando una netta impronta monastica, esse divennero addensamento di ricchezze, non dissimili da ciò che oggi si chiama “banca”. I Templari possedevano inoltre una fitta rete stradale che andava dalla Bretagna al Mediterraneo, porti, rade e flotte di navigli che erano sotto il dominio dell’ordine di Francia, Spagna e Portogallo. In ogni terra caduta sotto l’influenza di una Capitaneria, fiorirono commerci e industrie, prosperò la cultura, sorsero opere d’arte.

Se i mezzi finanziari dei Templari dovevano essere utilizzati nella lotta contro gli infedeli, occorreva un’amministrazione centralizzata ed efficiente. Durante il secolo XII i Templari svilupparono un sistema a tre livelli amministrativi, analogo a quelli degli Ospitalieri di Malta: la Commanderia o Convento, la Provincia e la sede centrale dell’Ordine. L’unità fondamentale di amministrazione in tutta la cristianità era nota come convento o Commanderia, talvolta come precettoria. Un convento veniva istituito quando l’ammontare della proprietà dei Templari in un’area particolare ne garantiva l’esistenza. Ciascuna casa era diretta da un’ufficiale chiamato commendatore o praeceptor; egli aveva la responsabilità amministrativa dei beni dei Templari nel suo distretto ed era il superiore di una comunità. Ma il Superiore di un convento doveva consultare i colleghi, e secondo i costumi doveva tenersi settimanalmente un capitolo ovunque risiedessero quattro o più membri. Commende venivano poi raggruppate per costituire province. Le isole britanniche costituivano una provincia; in Siria c’erano le province di Gerusalemme, Tripoli, Antiochia. Le province occidentali avevano l’obbligo di inviare annualmente un terzo delle rendite alla sede centrale dell’Ordine in Oriente. I maestri provinciali venivano nominati dalle autorità centrali, ma date le distanze non c’era una vera e propria supervisione. L’amministrazione centrale era diretta a vita dal Gran Maestro, eletto a vita da una commissione di tredici fratelli. In ultimo vi era un organo del governo centrale, il Capitolo generale, che comprendeva Templari scelti dalle province e costituiva l’assemblea di tutto l’Ordine.

Prevaleva ovunque l’elemento cavalleresco, e anche il linguaggio era cortese: carissimo fratello, elettissimo e potentissimo fratello. I bei modi e le buone maniere venivano attentamente seguite. Anche Genova figurava tra i tanti centri che in Italia hanno visto la presenza rilevante dei Templari: le ricerche hanno stabilito che la chiesa di Santa Fede figurava come il quartier generale dell’ordine in questa città. Ulteriori indagini fanno pensare ai resti di una fortezza templare a Donetta di Torriglia. Fra le case scomparse della Liguria costiera si ricorda la “domus” di San Calogero de Pratis di Albenga, ceduta nel 1191 al vescovo della città per 750 lire genovesi e 10 soldi di canone annuo. Sorgeva nella piana albenghese, in regione Calende di Campochiesa. Anche Seborga è conosciuta come città templare.

Le case dei Templari ospitavano abitualmente alcuni non appartenenti all’Ordine. Spesso soggiornavano crociati che potevano vivere e combattere con i Templari in Terra Santa. C’erano poi individui noti come donati che condividevano la vita quotidiana templare senza emettere voti. L’ordine utilizzava spesso anche servi regolarmente retribuiti.

A differenza degli Ospitalieri (di Malta) che non nomina mai le sorores, la regola templare, approvata nel 1129 nel Concilio di Troyes, dedica loro un paragrafo dell’art. 54. Nel corso dei nove anni che precedettero l’approvazione dell’Ordine, i Templari accettarono tra di loro delle sorelle, in un sistema che si può ipotizzare sia quello delle case miste o doppie. Lo si deduce anche dalla versione francese della regola successiva a quella latina: “Perllouse chose est compagnie de feme, que le diable ancien par compagnie de feme a degeté pluisors dou droit sentier de paradis. Dames por serors de ci en avant ne soient recues en la maison dou Temple; por ices, très chiers freres de ci en avant ne covient acostumer ceste usance, que flor de chasteé tous tens apparisse entre vos”.

Non pare qundi che le sorores accolte nel Tempio andassero a vivere in un convento proprio, ben separato dalla domus dei fratres sia fisicamente sia giuridicamente; sembra invece che proprio la convivenza con i fratelli sia stata all’origine della decisione di interrompere l’esperimento. Altri ordini, come ad esempio quello cistercense, cercarono di limitare l’accesso alle donne vedendole come una minaccia alla loro castità.

 

(fine prima parte)

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