«Sarò sempre il Gesù tutto musical e interiorità», dice il front-man settantatreenne, indimenticabile nel musical di Andrew Webber e Tim Rice in programma al Politeama Genovese, il 10 e l’11 marzo.
Di Leo Cotugno
Difficile parlare – senza essere banali – di Jesus Christ Superstar (al Politeama Genovese, 10-11 marzo) e della storia epocale di quello che i critici di spettacolo di ogni parte del mondo giudicano la più grande opera rock mai creata. Dopo 40 anni dal suo strepitoso debutto nella trasposizione teatrale a Los Angeles, la rievocazione dell’ultima settimana di vita terrena di Cristo, nata dalla geniale creatività di Andrew Webber, ha sempre vivi i crismi di opera analitica e dramma universale comunicativo. Il tutto accompagnato dalla meravigliosa colonna sonora (primo disco degli anni ’70 ad arrivare in cima alle classifiche di Billboard e rimanerci per un mese di seguito) e la quasi disarmante vitalità di un arzillo front-man di quasi 74 anni: Ted Neeley.
Un aneddoto curioso. Neeley, nato nel settembre 1943 (solo due mesi prima dell’indimenticato Jim Morrison, leader e vocalist dei Doors), è stato sino a 27 anni un batterista di buone doti. «Suonavo nei locali di Ranger, la cittadina nella quale sono nato: poi la coscrizione militare per la guerra del Vietnam ha causato lo scioglimento della band, dopo otto anni vissuti tra alterne fortune» ricorda. Un episodio che segnerà la svolta nella carriera artistica. «Nel 1968 divengo compositore vocale: primi lavori insieme a Larry Norman, Richard Hatch and Kay Cole. E un curioso aneddoto legato proprio agli esordi di Jesus Christ Superstar. Vinco una selezione per l’interpretazione del ruolo di Claude in Hair, diretto da Tim O’Horgan. Qualche giorno più tardi giunge da questi una proposta: una voce forte e personale per il Giuda di Andrew Webber e Tim Rice… un tradimento alla rovescia!».
Un musical attuale. Alle selezioni di Los Angeles, Ted Neeley finisce con l’essere il prescelto per il ruolo di Giuda. «Un personaggio controcorrente, in grado di una retrospettiva totale sulle ultime ore della vità di Gesù, un incontro-scontro di caratteri e aspettative ben oltre i limiti del Vangelo e al di là della missione sociale del Cristo. Fui Giuda solo per poche ore, poi Tim O’Horgan mi chiamò asserendo che, per mancanza di elementi, Giuda sarebbe stato appannaggio di Carl Anderson. Finii con l’essere Gesù». Il resto è storia, anzi leggenda dello spettacolo. Dopo la prima cinematografica firmata da Webber e Rice nel 1973 ecco la rappresentazione della trasposizione musical due anni dopo, allo Universal Ampitheatre di Los Angeles, dinanzi ad una folla entusiasta. Tra gli astanti anche l’ex presidente americano Richard Nixon.
Come mai Jesus Christ Superstar continui a registrare successi senza precedenti nella storia dello spettacolo (in 40 anni si sono avuti 3 milioni e mezzo di repliche con quasi 600 miliardi di incassi) ce lo spiega lo stesso Ted Neeley. «È l’attualità di un dramma rock che le generazioni sentono vivo, è la sperimentazione della vita e della morte in una dimensione operativa di grande coinvolgimento. È il vibrare sulla pelle della musica. Io vengo da una famiglia di cantanti e assieme a mia sorella Peggy e mio fratello Jack ho potuto sempre provare le stesse emozioni di quarant’anni fa».
I sentimenti di Simona. Dopo Gesù e Giuda (rivedremo al fianco di Ted Neeley anche Paride Acacia, interprete del ruolo del terribile Anna, uno dei capi del Sinedrio) il ruolo più titanico del musical-evento (così battezzato dalle recensioni entusiastiche in Olanda, dove Jesus Christ Superstar ha avuto oltre trentamila presenze in una settimana) è quello di Maria Maddalena. Sul palcoscenico del Politeama, il ruolo della peccatrice convertita alla fede e successivamente invaghita di Gesù è appannaggio della 26enne attrice siciliana Simona Di Stefano. «Già due anni fa ho avuto modo di conoscere il pubblico genovese» confida «e ne sono rimasta affascinata. Calore, affetto, compostezza e tanti applausi: è davvero un onore ritornare a Genova in una data così importante qual è quella dei quarant’anni di questo musical».
Simona è siciliana di nascita (Catania) ma bolognese di adozione, dopo avere conseguito nella città emiliana, ad appena 19 anni, il diploma di recitazione e canto alla Bernstein School of Musical Theatre, la prima scuola di musical italiana. Da due anni, e quasi 150 repliche, è Maria Maddalena. «Un ruolo che sento così vicino che per me è divenuto come conoscere un’amica, una compagna di viaggio e parte di me stessa. Lavorare con Ted è incredibile: è un artista dai sentimenti e pathos inimitabili ed ogni anno, dopo le prime repliche, stando vicino a lui si impara sempre qualcosa di nuovo».
Gesù per sempre. Ritornando a Ted: quale il momento della vita artistica che ricorda con più gioia? «Quello della ripresa delle sequenze a Gerusalemme, nel pretorio di Pilato ed al Getsemani. Mi ha toccato il cuore. Gesù negli anni si è trasformato dopo questa personale esperienza di vita e fede: prima era considerato un saggio, un uomo di fede, pace, amore e luce, forse perfino un hippy dallo spirito pacifista e l’agire “sessantottino”. Dopo il debutto sui palcoscenici di teatro, ne è stato colto l’aspetto divino: ogni volta in questi anni ho avuto il modo di interpretarlo come un rinnovamento alla spiritualità».
Dunque una dichiarazione di perenne amore a questo ruolo? «Farò ancora Gesù fin quando il pubblico sarà abbastanza gentile e generoso da accettare la mia interpretazione. Genova è una città che adoro: al Genovese si respira la vera atmosfera rock, con battimani, fischi all’americana, canti: mi trasmette energia».
Personaggi e interpreti. Per concludere, il casting di Jesus Christ Superstar, che vedrà nel ruolo di Giuda l’eccezionale talento di Feysal Bonciani, perfettamente calato nel ruolo di apostolo intellettuale d’eccesso sino al momento del suicidio. Il perfido sommo sacerdote Caifa è Marco Fumarola, il perverso Erode Antipa è interpretato da Salvador Axel Torrisi. Ponzio Pilato è Emanuele Geppetti. Sul palco l’orchestra dal vivo formata da dodici elementi è diretta dal maestro Emanuele Friello. La regia è di Massimo Piparo.
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