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Palazzo Ducale

Raccontare Picasso in 50 capolavori

redazione

Duncan David Douglas (né en 1916). Paris, musée national Picasso – Paris..

I dipinti preferiti dallo stesso grande artista spagnolo, in arrivo direttamente dal Museo Picasso di Parigi, a Palazzo Ducale in mostra fino al 6 maggio 2018

Evento artistico di questa fine del 2017 e inizio 2018, la mostra dedicata a Picasso riporta a Palazzo Ducale uno dei più straordinari artisti del secolo scorso, con prestiti in arrivo dal parigino Museo Picasso.
E si parte proprio dai luoghi dove questi capolavori nascevano, particolari tanto quanto lo stesso Pablo. Una fucina in gran disordine ma di enorme ispirazione e continuo lavoro. Un atelier che è anche casa, dove si depositano opere proprie ma anche quelle di artisti amati e compagni di strada come in un personalissimo museo che diviene fonte di ispirazione, di raffronti e di contiguità. Erano così le case-atelier di Pablo Picasso. Attiravano la curiosità di amici ed estimatori che spesso han lasciato personalissimi racconti di ciò che han visto.

La mostra Picasso. Capolavori dal Museo Picasso di Parigi, che si apre il 10 novembre 2017 e rimarrà aperta al pubblico fino al 6 maggio 2018, a Palazzo Ducale di Genova, vuol documentare, attraverso un corpo di oltre 50 dipinti di Picasso, non solo e non tanto il percorso artistico del genio spagnolo, attraverso i diversi periodi e i vari stili dell’artista dall’inizio del Novecento fino agli anni Settanta, ma anche mostrare le opere più care al grande pittore. I prestiti del Museo Picasso di Parigi sono eccezionali tanto per la quantità (si tratta infatti di quasi un quinto dei dipinti conservati nel museo francese) ma anche per la loro particolare provenienza: sono infatti tutte opere da cui il pittore non si è mai separato fino alla morte nel 1973 e quindi oggetto di particolare predilezione da parte sua. Non un Picasso qualunque, ma i capolavori del Picasso intimo, quelle opere dalle quali non volle mai allontanarsi e che furono a loro volta fonte di ispirazione.

La mostra, curata da Coline Zellal, conservatrice del patrimonio del Museo Picasso di Parigi e promossa da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Comune di Genova e Regione Liguria, e organizzata da Mondomostre Skira in collaborazione con il Museo Picasso di Parigi, si inserisce nell’ampio progetto “Picasso-Méditerranée” del Musée National Picasso-Paris, iniziato nella primavera 2017 e che si protrarrà fino alla primavera 2019 al quale partecipano più di sessanta istituzioni che hanno immaginato una serie di iniziative sull’opera “ostinatamente mediterranea” di Pablo Picasso.

Nata su iniziativa del Musée National Picasso-Paris, l’esposizione di Genova, un percorso nel lavoro dell’artista e nei luoghi che l’hanno ispirato, rappresenta una particolare esperienza culturale, dedicata a rinsaldare i legami tra i Paesi che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo.

Dagli studi preparatori del 1907 per le Demoiselles d’Avignon fino alle opere tardive degli anni ’70, l’esposizione ripercorre oltre mezzo secolo di sperimentazioni, testimonia la straordinaria varietà che caratterizza la pittura di Picasso e illustra anche la storia delle abitazioni dell’artista e delle vite incrociate di opere e abitanti. Ma le opere in mostra sono anche un segno della vita sociale di Picasso, come si vede nelle immagini che lo raffigurano proprio con quelle opere nei suoi atelier: in Rue des Grands-Augustins dove il pittore vive in compagnia di Dora Maar e di decine di ritratti della donna che tappezzano i muri dell’atelier; nella villa La Californie a Cannes, dove i ritratti fotografici dei figli Claude e Paloma sono gli echi esatti dei ritratti dipinti che Picasso esegue nello stesso periodo; nel mas di Notre-Dame-deVie a Mougins, dove Picasso posa insieme alle sue opere, in casa come in giardino.

Le opere esposte in mostra, e il loro accompagnare l’artista da un atelier all’altro, di posto in posto, hanno una grande potenza rivelatrice: permettono di contemplare l’artista al lavoro ma soprattutto ciò che ha scelto di mostrare e ciò che di proposito ha tenuto segreto.

Il famosissimo fotografo Brassaï paragona i quadri che Picasso appende alle pareti a una “riunione delle opere della stessa covata raggruppate come per un ritratto di famiglia”. Ancora Brassaï ricorda la sorpresa con cui nel 1932, dopo aver conosciuto l’artista, scopre l’atelier al 23 di Rue La Boétie, che definisce un “bazar”. In mezzo a tanto disordine c’è una costante: Picasso, l’“accumulatore”, agisce anche da autentico conservatore museale; ogni atelier è occasione di un nuovo allestimento, in cui le sue opere dialogano con i quadri che colleziona, di maestri antichi o contemporanei. Nei suoi atelier il maestro spagnolo dispone, sposta, riunisce, esattamente al contrario del museo immaginario di André Malraux, che è “necessariamente un luogo mentale”.

In tutti i luoghi della sua vita, Picasso si è comportato con le sue opere come un vero collezionista. I lavori in mostra hanno ornato i muri delle sue case, popolato i suoi atelier, lo hanno seguito in tutti i suoi spostamenti. E costituiscono un vero laboratorio di forme, che l’artista guarda continuamente e di cui si nutre quotidianamente.
A prescindere dalla tecnica, dai materiali o dal soggetto, tutte le sperimentazioni di Picasso possono essere interpretate come il risultato di una ricerca unica: quella di un artista che non smette mai di rivelare i misteri della creazione e di raccontare la pittura in sé. E anche quando appende quadri, Picasso crea non solo oggetti, ma luoghi che diventano, agli occhi di fotografi come Brassaï, vere e proprie composizioni artistiche.

Il percorso della mostra, tematico e cronologico, approfondisce e illustra in dieci sezioni la creatività del grande artista: i suoi quadri divengono i personaggi di un immenso teatro che illumina, da tanti punti di vista, alcuni importanti principi della sua creazione, dei suoi dubbi, che lo stesso Picasso riassume, dieci anni prima della sua morte, così: «La pittura è più forte di me, mi fa fare quello che lei vuole». “In fondo è possibile che io sia un pittore senza stile […]. Spesso lo stile è una cosa che imprigiona il pittore in una stessa visione, in una stessa tecnica, in una stessa formula per anni e anni, a volte per tutta la vita […]. Io sto sempre a scombinare, a rimescolare. Mi vedi qui, eppure sono già cambiato, sono già altrove. Non sono mai al mio posto, ed è per questo che non ho uno stile».

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